“Staitite”: frittelle dell’antica Grecia con miele e formaggio

Cosa mi occorre?

Farina di farro 200g
Acqua 100ml
Formaggio grattugiato cacioricotta o ricotta fresca
Miele d’Agrumi bio
Sesamo
Noci
Un pizzico di sale
Olio extravergine d’oliva per la frittura

Come lo preparo?

Lo scrittore Ateneo di Naucrati, vissuto nel II secolo d.C, ci riporta nella sua opera “I depnosofisti” (i sofisti a banchetto) una interessante ricetta sopravvissuta ancora oggi in molte zone della Grecia. La ricetta si chiama “Staitite” dove la radice stais rimanda alla spelta, un tipo di farro molto usato nell’antichità. Queste frittelle di farro sono così descritte da Ateneo: “Staitite sono delle preparazioni in forma di pizzette a base di farro e miele. Le ricorda Epicarmo nelle nozze di Ebe: la pasta di farro ancora umida viene fritta e si aggiunge quindi miele, sesamo e formaggio secondo quanto consiglia Iatrocle.” Ateneo ci ricorda che questa pastella è piuttosto “umida”, il che ci fa venire in mente le nostre ben note pettole pugliesi, anch’esse sopravvissute in Grecia e chiamate oggi “loukoumades” e servite sempre con il miele. Naturalmente a differenza delle pettole la pasta delle staitite non era lievitata. Ateneo sostiene che di questa ricetta parlasse anche il commediografo Epicarmo, vissuto fra il VI e il V secolo a.C., una prova ulteriore della sua antichità.

Tornando alle nostre staitite preparate la pastella aggiungendo l’acqua tiepida alla farina di farro e lasciate riposare l’impasto per almeno mezz’ora affinché il glutine leghi l’impasto. Friggete le frittelle e quando sono ancora calde aggiungete miele, semi di sesamo e formaggio. Naturalmente dobbiamo pensare che il formaggio usato all’epoca fosse un formaggio piuttosto fresco, presumibilmente un pecorino o un caprino. Ecco perché il formaggio più corretto da usare sarebbe a mio avviso il cacioricotta, ossia un formaggio di pecora o capra non stagionato e con quella forte personalità che si sposa al meglio col dolce del miele. In questo caso ideale è un miele delicato come l’agrumi, sebbene nell’antichità usassero per lo più il timo, un miele ormai sempre più raro qui in Puglia.